Il P. Jesús Castellano, ocd. scrisse sulla gioia come elemento importante per il nostro equilibrio spirituale, per le nostre comunità, per la nostra missione. Egli scrisse un articolo che lo chiamò il Decalogo della gioia, dove spiega perché dobbiamo essere gioiosi… non soltanto perché «un santo triste è un triste santo», ma perché ha delle proprietà umane, psicologiche e fa bene al corpo ecclesiale.
- La gioia della gratuità
Si tratta di vivere sempre con un senso di gratitudine e di gratuità. La prima apre il cuore al ringraziamento verso Dio. La seconda ti aiuta a donarti costantemente agli altri, senza badare troppo all’egoismo. La gratitudine sgorga dalla consapevole esperienza di quanto si deve a Dio, vissuta ogni giorno in lunghi tempi di preghiera ed in piccoli attimi di contemplazione. Essa ti allarga il cuore. La gratuità del servizio nell’amore oltre a dilatare la capacità di amare ti permette di uscire da te e di godere delle mille gioie della comunione, della relazione, della creatività. E’ il dono della vita fatto agli altri che ti fa vivere ancora più in abbondanza e ti gratifica per il dono fatto che, passando in verità dal cuore, non può non renderlo più buono.
- Davanti a Dio nella preghiera
Alle volte anche senza volerlo sentiamo che il nostro stato d’animo, pur nella felicità sostanziale, ha zone d’ombra. Basta scendere un po’ in profondità nella propria coscienza per ritrovare le piccole radici dei dolori dell’anima, delle nostre pneumapatologie. Piccoli noduli che non lasciano scorrere la gioia. Piccoli buchi dell’anima da dove scorre e si perde la nostra energia spirituale. Il bisogno di un po’ di umiltà che l’unguento delle nostre ferite, dice Teresa d’Avila, e la mitezza che è saper sopportare gli altri, ma specialmente sapere sopportare sé stessi, è una buona pneumoterapia cristiana. Un tuffo nel realismo, nell’accettazione della realtà, nella misericordia di Dio ed ecco, per poi risalire rigenerati.
- Superare le tentazioni contro la gioia
Ci sono momenti più prolungati in cui siamo tentati contro la gioia, è il tempo dell’accidia spirituale. Un momento di riflessione, una prolungata preghiera, un porre un ordine nella vita, ti dice subito che nell’insieme dei valori e delle funzioni della buona armonia spirituale, manca l’equilibrio degli aspetti. Qualche zona importante della nostra vita (affettività, preghiera, riposo, riflessione, ricreazione…) non è stata abbastanza curata. Un tocco di equilibrio ridona la gioia. Si tratta insieme di porre rimedio, di riscendere alle sorgenti della gioia vera, di inondare di luce le tenebre dello spirito.
- La bellezza del quotidiano
La vita è seminata dalla mattina di piccole gioie e sorprese: la liturgia ben vissuta, l’incontro con i fratelli e le sorelle, il saluto gioioso, la telefonata, l’occhiata ai giornali e alla TV, il cibo, l’igiene personale ed il riposo, la riuscita di un lavoro, la certezza di una amicizia… Sana spiritualità è prendere con gratitudine queste gioie che vengono dalla fonte della gioia, con una visione non negativa ma positiva della vita spirituale. Se poi si vivono tutte queste cose in comunione la gioia si moltiplica: si dona e si riceve dagli altri.
- La gioia dell’amicizia
Gioia spirituale è per me l’esperienza di una buona amicizia con i santi del cielo e con quelli della terra. L’amicizia è una fonte di gioia, anche se essa deve passare per doverose purificazioni. Avere amici ed amiche, anche di grande valore nella Chiesa e sentirsi apprezzati e stimati da essi, interpellati anche per lavori di collaborazione è una fonte di gioia che invita a dare un grande rilievo all’amicizia nella vita religiosa e nella Chiesa. Costruiamo insieme questa Chiesa amica e fraterna (qui tutti devono amarsi, tutti frequentarsi, tutti aiutarsi… diceva Sta Teresa)… quindi una realtà gioiosa e capace di vivere con tutti. E soprattutto è importante avere una buona amicizia con Dio. Certamente con Cristo e con il Padre, ma anche e in modo tutto speciale con lo Spirito Santo, nostro consolatore e difensore. Sempre fonte di gioia e di coraggio.
- Nella saggezza del momento presente
Un grande segreto della gioia è la capacità di vivere il momento presente. In realtà, non possiamo vivere se non il presente, ma se diventa un’illusione che ci fa guardare indietro, corriamo il pericolo di diventare statue di sale come la moglie di Lot; e se scappiamo dal presente verso un futuro ancora inesistente, rischiamo di vivere estrapolati dal realismo del qui ed ora della vita. Vivere il presente è affidarsi a Dio ed è capacità di tenere sempre i piedi per terra, affrontare i problemi uno ad uno. E’ vincere le ansietà, una ad una, per rimanere nella gioia. Gioia è essere se stessi, credere nel Dio del momento presente e sentire che si è nel posto dove Dio vuole che siamo, facendo quello che egli vuole che facciamo. Questa è gioia vera, le altre cose sono vane illusioni, sorgenti di scontentezza. Essere gioiosi è anche essere contenti di quello che si è e di quello che si ha…
- La cordialità dei rapporti
La cordialità è sempre fonte di gioia con la quale poter trattare gli altri, perché «amore suscita amore», dice Teresa d’Avila. E siamo sempre figli e figlie di san Giovanni della Croce che diceva: «dove non c’è amore, metta amore e ricaverà amore». Se la carità è l’albero, le foglie e i frutti sono la cordialità, e se la carità fosse il fuoco la cordialità ne sarebbe la fiamma». C’è anche un apostolato ed una testimonianza del sorriso… È importante essere cordiali nei nostri rapporti, questo fa molto agevole la vita. È come l’unguento di qui parla il Salmo (che scende dalla barba di Aronne) e favorisce ogni rapporto con gli altri, fa crescere la fraternità.
- La felicità di essere in comunione con tutti
È bello sentirsi persone universali. Di poter vivere da un punto molto concreto della terra una esperienza universale di comunione con tutti. L’uso discreto dei mezzi di comunicazione, che allarga il pensiero e ci mette in contatto con tutta l’umanità, ma specialmente la consapevolezza di essere in Dio in comunione con tutti, dovrebbe nutrire in noi questo desiderio di avere un cuore universale che si esercita nella comunione con tutti attraverso la preghiera. Poi, per mezzo degli incontri e viaggi, pellegrinaggi e visite… dialoghi con persone di altre fedi e di altre religioni, possiamo sviluppare un orizzonte sempre più vasto di gioia e di speranza, perché ogni accostamento agli altri con gioia e semplicità fa crollare i muri e distrugge le barriere, apre nuove vie al dialogo.
- Il senso positivo della vita spirituale
È motivo di gioia nella vita spirituale costatare, attraverso l’insegnamento di Gesù, l’esempio dei santi e la testimonianza di persone veramente spirituali del nostro tempo, che non dobbiamo rinunciare a nulla di quanto è umano, buono, amabile, giusto, bello, santo purché nulla sia anteposto all’amore di Dio. È gioia vera sapere per esperienza che la logica del Vangelo funziona, che si ha il centuplo in questa terra e che Dio non costruisce la sua gloria sulle ceneri o le rovine della nostra umanità, ma ci vuole sempre figli umanissimi e gioiosi, splendenti di simpatia per rendere amabile colui che è davvero gioia infinita. Anche questa è perfetta letizia.
- Con un pizzico di simpatia umana e divina
Una barzelletta, un canto, una poesia… a volte sono un tesoro di saggezza e di simpatia gioiosa e contagiosa. Affrontare la vita con gioia e umorismo, con un pizzico di furbizia ci serve alle volte di difesa, alle volte di pista di lancio, sempre di strumento di comunione per rendere Dio e il cristianesimo amabili. Probabilmente la gioia si declina perfettamente con l’umorismo, come ci dimostra anche una sana spiritualità storica insieme all’esempio dei santi.
* L’umore di Teresa d’Avila
Santa Teresa, nel capitolo 37 della Vita ci ha dato un buon esempio di come si può vivere con una santa spiritualità della gioia, quando racconta del contrasto con cui lei si avvicinava ai confessori con una candida e gioiosa libertà di spirito mostrando «grazia», cioè simpatia, e dall’altro lato del confessionale rispondevano piuttosto seri e seccati i confessori, mostrando, essa dice, «disgrazia», pensando che la bella monaca cercava di ricattarli con un amore umano; alla sua grazia e simpatia rispondevano con toni piuttosto seri e disgustosi. La santa ci ride sopra, dicendo come lei lo faceva con grande amore e libertà, ma prendendo in giro tanta serietà ricordando come da quando ella aveva visto il volto del Signore, non c’era nessuna persona al mondo capace di accattivarla fuori del suo Signore.
Invece il Signore, è umano come noi, impastato con la nostra pasta, capace di compatirci perché anche lui debole come noi, divino ed umano insieme. Un Dio affidabile e trattabile, amico più di tutti gli amici. Ma scherza con questo Dio amico e lo apostrofa dicendo che qualche volta quando va a fare orazione e diventa difficile per lei trovarlo perché si nasconde, lo ricatta dicendo: «se io potessi nascondermi da voi quando mi cercate con amore, come voi vi nascondete quando io vi cerco, anche voi non sareste in grado di tollerare questo voltafaccia. Allora, Signore, state ai patti e non trattate così chi tanto vi ama». Ma, poi, se la prende con i re e le regine con la corte e gli apparati dei signori di questo mondo che non sono come il vero re e signore, ma hanno bisogno d’apparenze e farraginoso cerimoniale per farsi passare, riconoscere e riverire come re. E scherza pure con tutte le regole della buona creanza che obbligano ad usare titoli, cerimonie e salamelecchi, dicendo che è diventato una realtà insopportabile tanta falsità per chi vuole vivere una sana libertà di spirito.
Sì, Teresa scherza addirittura con Dio. Come quando dopo essersi rotta un braccio, rotolando giù dalle scale, si lamenta con il Signore che le dice: «così tratto io i miei amici». E Teresa ribatte: «per questo ce l’hai così pochi».
È bello parlare con Dio in questo modo, quando ci si accorge, pur nella sublimità della vita mistica, che il nostro Dio è «affabile» e la conseguenza è che occorre imitarlo. Affabilità di un Dio che parla e a cui piace chiacchierare con noi, e che noi chiacchieriamo con lui, questa è l’orazione più semplice: trattare con lui come con un padre, come con un amico. Come conseguenza i santi, imitatori di Dio amico, devono essere affabili, anzi affabilissimi. «Quanto più sante, più affabili con le persone» (al di dentro e al di fuori), consiglia Teresa alle sue monache. «Tristezza e malinconia fuori di casa mia» è un detto che hanno attribuito appunto a Sta Teresa, anche se molto probabilmente non è suo.
«Non abbiate paura -diceva alle sue sorelle- di mostrare la vostra gioia», affinché coloro che vi guardano amino il vostro modo di vivere e non si spaventino della vita cristiana; che è come dire: fate propaganda con la gioia della bellezza della vostra vita, fate ingelosire le persone della buona scelta che avete fatto nel seguire Cristo nella vita contemplativa. Si racconta di lei che in una occasione stava vicino alla porta del convento e scoppia in una grande risata. Una monaca troppo zelante disse: Madre, le persone che stanno fuori si scandalizzeranno di noi, se ridiamo cosa forte. Ma Teresa disse: «Meglio che ci sentano ridere che piangere». E a una donna che si avvicinò tutta compunta a dire chi sa quali penitenze stanno facendo in questo momento le vostre suore, Teresa sbottò con queste parole: In questo momento stanno preparando una commedietta per le feste di Natale. Ecco alcuni esempi di come anche i santi sanno ridere, festeggiare e celebrare la gioia che Dio ha messo nei nostri cuori. Quindi viviamo nella gioia, perché Dio, gioia immensa, incarnazione di tutti i misteri, ci vuole gioiosi, pieni di Lui, luce e gioia eterna.