Arrivare a Muhraka, al monastero e santuario Carmelitano dedicato al profeta Elia, può essere una esperienza significativa delle incomprensioni linguistiche e culturali tra popoli diversi.
Intanto una domanda: quanto è importante conoscere la lingua del luogo che visitate?
Insistono gli amici dove vivo ad Haifa, perché visiti, assolutamente, Mukhraqa.
“Mukhraqa?” chiedo in uno squallido arabo.
Muhraqa ” mi risponde lui con un accento diverso che tento di ripetere.
“È quello che ho detto. Mukhraqa “.
“Non lo dici bene. Muhraqa”.
Va bene ci rinuncio. Mukhraqa.
Devo prendere il 36 aleph all’incrocio alle 5,30.
“Ma non ti preoccupare perché ci sono ogni mezz’ora “.
Il giorno dopo sono alla fermata e mi gusto l’alba israeliana. Passa un autobus 36. Lo fermo e prima di salire chiedo “Mukhraqa?”
L’autista fa segno di no, chiude la portiera e riparte. La cosa succede altre cinque volte fino a che l’alba israeliana si trasforma nel giorno israeliano. Inizio ad innervosirmi.
Controllo alla paletta se è giusta la fermata. Sì. 36 aleph.
Aleph è la prima lettera dell’alfabeto ebraico e bla bla bla. Ora aspetto il 36, appunto, aleph.
Finalmente dopo l’ennesimo 36 aleph che non mi fa salire, sono oramai le sette e mezza, una ragazza si avvicina e mi chiede, in inglese, dove devo andare.
“Mukhraqa”.
“Muhraqa?” domanda la ragazza. Faccio un segno affermativo.
“Muhraqa” ripete lei.
Non capisco bene il suono diverso di Mukhraqa ma faccio segno di si con la testa. Arriva un nuovo 36 aleph. La ragazza fa un cenno di fermata, dice qualcosa all’autista, lo stesso che mi aveva chiuso la portiera, almeno mi sembra, e quello mi fa cenno di salire.
La ragazza sorride.
Arrivo a Mukhraqa o Muhraqa.
Perché Mukhraqa? È in questo luogo che Elia sfidò i profeti di Baal, vinse la sfida e poi li fece sgozzare. I Carmelitani da circa un secolo sono i proprietari di questo luogo e all’interno della chiesa hanno ricostruito l’altare delle dodici pietre in memoria di quello utilizzato a suo tempo dal profeta Elia. Sul tetto della chiesa, il panorama splendido sulla valle del Carmelo.
Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia aggiunse al popolo: «Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!».
Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi. Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all’altare che avevano eretto. Essendo già mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà». Gridarono a voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione.
Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi!». Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l’altare del Signore che era stato demolito.
Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei discendenti di Giacobbe, al quale il Signore aveva detto: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme.
Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro brocche d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando. Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!».
Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».
Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!». Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò.
Le dodici pietre, le dodici tribù di Israele, che compongono l’altare. Israele ha questa commistione tra antico ed oggi dove, in ogni posto, sembra sentire passi che non sono i vostri ed immaginare incontri di persone scomparse da secoli: Elia, Eliseo, Gesù…
L’autobus mi lascia a Daliat El Carmel e cammino tra boschi di faggeta, circa mezz’ora, fino al Convento santuario dei Carmelitani. Mukhraqa.
Finalmente.
Pago i cinque shekel di ingresso e mi muovo nel silenzio religioso di un giardino arabo: begonie, iris e garofani che si arrampicano su attrezzi di agricoltura mischiati a statuine di pecorelle e folletti: sotto un albero un uomo sta dormendo su un materassino di gomma. Rimango allibito a guardare…
Nel luogo santo dell’altare delle dodici tribù di Israele un autista di autobus dorme: una foga improvvisa mi sale dal cuore, la foga di Gesù contro i mercanti del tempio e mi avvicino minacciosamente all’uomo.
Quando sto toccandolo, bruscamente, per svegliarlo il mio sguardo è distratto da due gattini che in un angolo seminascosto del giardino giocano con la madre che muove la coda alternativamente a destra e a sinistra con i gattini che si muovono in sincrono.
La giocosità supera l’ira, la leggerezza dei piccoli insegna più dell’ira. Sorrido.
Mi allontano e scendo da Mukhraqa sicuro che è stata una buona giornata.
Sergio Bortolotto,
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